Bedobidubida

NA-NA-NA-NAI. Testi di Davide Bergonzoni.

Unico assente

Cade una lacrima dal trespolo del cielo, gli cade sul viso, la tocca con la mano che passa sulla guancia e asciuga il ricordo di una stella, di un sasso e di una foglia, o di un incendio.
Si guarda la mano.
Si perde fortunatamente ancora, si accomoda sul trespolo.
Immobile il cielo. Nel centro dell’angolo parla alla terra.
Trema umano traumatico catartico scorticamento carnale, diktat all’autòs, tragico come l’attore, antico come la ubris, dentro alla maschera negli occhi di uomo, dentro gli occhi di attore, sfila il dramma, nella posizione asimmetrica, con le unghie del morto ancora vivente, procede e riempie di sangue le scene e infligge al silenzio un suono straziante, a scorticare l’organico dall’organico e l’organico dall’inorganico, quel poco che resta del nero di un’anima corrotta dal “sé”, cervello retrattile che implode nella bestemmia della triade santa con la sua sola idea di prossima assenza, si spoglia del grido, la pelle dell’anima morta, sotterra il cadavere, concima di umori i rumori psoriasici dell’epidermide secca, la carne per le necessità del dolore, ché altrimenti più vivo di così non sarebbe, scava e scortica, mostra l’osso come nell’orgia più crudele, le unghie lunghe le appoggia alla tomba, fa leva, le dita a nudo, gli artigli al suolo, ripulisce coi denti l’arto sanguinolento, la nausea brucia, gli occhi si incendiano, scaraventa sul sasso preistorico della sua nuova tomba il cranio frantumandolo, esplodendo in mille pezzi di grigia materia nera.
Cosa rimane?
Rimane in piedi, a guardare il pianeta, sul trespolo del cielo.
Niente applausi.
È l’unico assente, presente serio pubblico pagante, unico martire.

 

 

 

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